Nel cuore di Kupid prende forma una tensione tanto invisibile quanto ineluttabile: quella tra la mente che misura e il cuore che sente. Un conflitto che non si consuma in una scelta netta, ma si sublima in presenza: in ascolto, in sospensione, in vulnerabilità.
Qui Kupid abbandona l’arco e le frecce, non guida l’amore come destino cieco, ma lo contempla, lo abita, lo interroga. È figura raccolta, assorta, con la testa tra le mani, seduto tra due forze che lo dividono e lo attraversano: da un lato il cervello, simbolo del controllo e della logica che analizza; dall’altro un cuore monumentale, viscerale, vivo, travolgente.
Eppure, non c’è un equilibrio perfetto; il cuore domina la scena: più grande, più presente, più vero. Non impone, non urla, ma trionfa con la sua sola esistenza. È su di esso che Kupid si posa, quasi a sussurrare che, anche nella confusione del pensiero, è il cuore a reggere davvero il peso della scelta. Il cuore accoglie, sostiene, attende – e spesso, anche quando lo ignoriamo, decide per noi.
Kupid non sceglie da che parte stare, ma sussurra ciò che il cuore sa, prima di essere capito.
È un’invocazione a chi ama assumendosi il rischio. È la collezione per chi sceglie, ogni giorno, di lasciarsi guidare da ciò che sente, nonostante tutto. Questa collezione celebra la fragilità delle scelte sentimentali, quei momenti in cui la logica tenta di farsi sentire, ma viene sommersa dall’intensità del desiderio.
Kupid racconta il trionfo dell’amore puro, quello che emerge nonostante i tentativi del cervello di razionalizzarlo, imbrigliarlo, contenerlo.
È l’amore che sfugge al controllo, che accade improvviso, che brucia nelle fasi iniziali di una storia, o nelle stagioni giovani della vita, quando il cuore è più libero di parlare, e noi più disposti ad ascoltarlo.

Perché l’amore, quando è vero, non nasce da una parte sola, ma nel punto esatto in cui la mente si arrende e il cuore si rivela.